Concerto di fine anno: non solo canzonette.

foto prof.Maria Cristina Galli

Concerto di fine anno: non solo canzonette.

La sera del 22 maggio 2019 la sala Arca di Ellera pullula di persone, eppure in programma c'è solo l'ennesimo spettacolo musicale di fine anno di ragazzini appena tredicenni delle classi seconde della scuola secondaria Bonfigli. In realtà si capisce da subito che, forse, non si tratta solo di questo: sedute in platea ci sono tre generazioni sorridenti ed emozionate travolte dall'entusiasmo dei propri figli e nipoti. Adulti che si sono lasciati trasportare nella preparazione di questa serata speciale. Si nota subito la bella collaborazione quando appaiono i protagonisti in un look vintage che va dagli anni '60 agli anni '90 seguiti da papà che si sono improvvisati tecnici del suono o che hanno prestato, per una sera speciale, il loro mestiere artistico a figli cantanti per una sera.
Le luci si spengono, i Beatles irrompono sul palco cominciano il loro racconto e si torna indietro agli anni '60.
Chiedi chi erano i Beatles. Così, nel 1984, cantava il gruppo rock italiano degli Stadio.
I Beatles, erano, sono e saranno ancora per molto tempo un brand, un marchio commerciabile in tutto il mondo, contraddistinto da vere e proprie icone che richiamano il singolo e il gruppo. Il brand dei Beatles è inoltre associato a un’epoca ben precisa, gli anni Sessanta del Novecento, alle proteste contro la guerra in Vietnam, all’uso massiccio di droghe, senza dimenticare l’Aston Martin di James Bond, le magie calcistiche di Pelé e i discorsi di Martin Luther King: tutto in un decennio incredibile che si apre con il successo sovietico del lancio del vettore Sputnik nello spazio e l’innalzamento del Muro di Berlino, e che si conclude con Neil Armstrong che cammina sulla luna, mentre in Italia si apre con il governo Tambroni e gli scontri di Genova e si conclude con Piazza Fontana, passando per gli angeli del fango del 1966 a Firenze.
Ciò che sorprendeva dei Beatles e contribuiva ad aumentarne il fascino era la loro irriverente sicurezza. Erano tempi conformisti, in cui non era necessario che i cantanti avessero opinioni proprie, né tantomeno che le esprimessero. I Beatles, invece, davano l’impressione di essere liberi, di non essere costretti a comportarsi come la società di quegli anni imponeva. La mancanza di atteggiamenti da divi e la loro determinazione nel non lasciarsi travolgere dalla popolarità facevano parte del loro fascino.
Ricorrenze come queste portano a interrogarsi sulla valenza dei miti, delle icone, sull’immortalità, sul perché alcune persone (e alcune canzoni) passano alla storia. Si sa, le ricorrenze capitano a tutti i gruppi, a tutte le canzoni. Si celebrano e si ricordano, però, solo quei gruppi e quelle canzoni che sono riusciti a ingannare il tempo, sfuggendo alle sue regole, senza invecchiare.
In un periodo in cui la vita sembrava programmata e ingessata in schemi precostituiti– famiglia, studi, matrimonio, lavoro, auto, frigorifero, figli…-, i Beatles si staccavano dai genitori e fuggivano da quella vita che si ripeteva all’infinito per inventarsene una nuova: autonoma, vera, libera da lacci e legami di ogni tipo.
Capelli più lunghi rispetto a quelli di moda di quei tempi, in modo provocatorio decisero di vestirsi con una sorta d’uniforma uguale per tutti: per avere successo non era necessario essere particolarmente belli ed avere tutti la voce ben impostata. Ma non fu il contenuto delle loro prime canzoni a fare andare in delirio i fans. Infatti non c’è un contenuto alcuno nel loro primo disco: cantano solo “..yè…yè” , ma i giovani si identificano in quella musica che annuncia il nuovo che avanza e traccia un solco fra questo e il mondo dei loro genitori.Al termine del racconto tutti in platea accompagnano i ragazzi nel canto di Let it be.
Cambia scena e siamo negli anni '70 e i Queen cantano Bohemian RhapsodyQuesta è la vita vera?
o è solo fantasia?
Travolto da una frana
Senza scampo dalla realtà
Apri gli occhi
Alza lo sguardo al cielo e vedrai …»

I ragazzi ripercorrono la storia di un decennio.
Sono anni di libertà e di trasgressione, di lotte politiche, di incredibile cambiamento caratterizzato da fermenti sociali e azioni di protesta per i diritti civili. Esplodono la creatività e la voglia di progresso ad ogni costo e i media irrompono nella vita quotidiana. E' un decennio segnato da anche da eventi drammatici come la guerra in Vietnam e gli anni di Piombo in Italia. Esplodono contestazioni giovanili e comportamenti aggressivi, anche e soprattutto da parte di tutti quegli artisti ai quali gli adolescenti si ispirano. Inizia l'era dei videogiochi, del primo telefono cellulare, le radio e le tv private. Aldo Moro viene sequestrato e ucciso e Sandro Pertini è presidente della Repubblica. Papa Woytila guiderà la Chiesa per ventisette anni ela mafia uccide il conduttore radiofonico Peppino Impastato. Insieme ai cd e al walkman nasce anche rai 3. Applausi e di nuovo cambia la scena.
Arriviamo agli anni '80, con gli ABBA sul palco e Mamma mia! Si canta e si balla ma non prima di aver ripercorso un decennio.
Mamma Mia! È il musical che celebra le donne in tutte le loro declinazioni: la ventenne innamorata, la mamma cinquantenne che va in giro in salopette (finalmente una donna vestita comoda al cinema, che non ha paura di mostrarsi come nelle vita di tutti i giorni) ma ha ancora la stessa vitalità di quando aveva 17 anni (e infatti è pronta all'istante a ritirare fuori dall'armadio il boa di piume), le madri single, le amiche indipendenti. Mamma Mia! dice una cosa importante, in tempi non sospetti,: essere donna è bello. È bello a ogni età, forma fisica, ceto sociale, qualsiasi siano le nostre aspirazioni: l'importante è avere cura degli affetti e cercare di godersi la vita, anche se non si è riusciti a realizzare i propri sogni. Un messaggio rassicurante e allo stesso tempo molto forte, perché veicolato da allegria e gioia di vivere, non con toni da caccia alle streghe.
“spensierati” anni '80 nasce Internet (non come la conosciamo oggi) e al cinema arrivano gli effetti speciali, cade il muro di Berlino, esplode Chernobyl – portando con sé spaventose conseguenze e un referendum sul quale, in Italia, ancora oggi dibattiamo –, il mondo assiste in diretta al disastro dello Shuttle Columbia, l’Italia vince il Mondiale di calcio, nasce il cinepanettone sulle ceneri degli Anni di piombo, le notti iniziano con l’happy hour, irrompe sulla scena la trasgressiva Madonna e gli yuppie griffati dalla camicia al calzino danno la scalata alle stanze dei bottoni. Insomma, nel ricordo collettivo sono anni leggeri sotto tutti i punti di vista. Si affermano come un rigurgito di periodi cupi fortemente politicizzati con stili di vita improntati al consumismo, all’esteriorità e allo svago. È il decennio della tecnologia, dell’esagerazione e del narcisismo.Nel 1985 il 26 aprile esplode un reattore nucleare a Chernobyl e la terribile nube radioattiva copre l’Europa. Nel 1989 si svolgono i fatti di sangue di Tienanmen, a Pechino, e crolla il Muro di Berlino. È l’inizio di una nuova era, segnata dalla progressiva (e rapida) dissoluzione dell’impero sovietico. Young Urban Professional, ovvero, yuppie. Così si definirono – culla del neologismo fu Manhattan, il cuore finanziario della Grande Mela – i giovani businessmen rampanti degli Anni 80, in massima parte desiderosi di lavorare in borsa e tutti di fare rapidamente soldi a palate. A New York, maniacalmente fissati con il look, gli abiti firmati – in particolare quelli di stilisti italiani come Armani, Versace e Valentino – e le macchine sportive, frequentavano locali come lo Studio 54 e le feste più esclusive. Sulla falsariga del modello americano, lo yuppie di casa nostra – portato al cinema da Carlo Vanzina – emula prendendo a esempio Gianni Agnelli e il suo orologio portato sul polsino, esibendo uno stile di vita consumistico e cinico. In Italia come all’estero, anche la cocaina gioca spesso un ruolo chiave in questa forzata visione di divertimento costoso e senza limiti. Dal bar “Al Panino”, al Burghy d la strada è breve. E lastricata di accessori cult come il piumino Moncler. Adolescenti consumisti (naturalmente con i soldi di papà), etichettati, uniti da uno slang demenziale, superficiali ed edonisti. Alla fine degli anni Ottanta i computer in rete erano più o meno centomila. La tecnologia, passando dai primordiali sistemi analogici a sempre più raffinati standard digitali che, dalla sola comunicazione vocale oggi consentono di condividere foto, filmati, messaggi, navigare in rete, spedire email, fare videotelefonate e guardare la tivù. Ma il signor Cooper avrebbe mai immaginato che razza di “guaio” sarebbe finita l’umanità? Nove quadratini dello stesso colore per ciascuna delle sei facce, ovvero 54 parti. Scopo del gioco è uniformare ciascun lato: è il Cubo di Rubik, tormentone per amanti dei rompicapo degli anni Ottanta. Popolarissimo e imitatissimo, si ritiene sia il giocattolo più venduto della storia con i suoi oltre trecento milioni di pezzi. Soldi, carriera, look, aerobica. Roberto D’Agostino scrive: «Oggi, in piena civiltà dell’immagine, si è imposto un nuovo concetto, un nuovo effetto speciale, quello dell’apparire. Ognuno cerca di esibire quel mosaico di informazioni visive chiamato look. Attraverso un look l’uomo può evadere dall’universo ripetitivo della quotidianità dove ognuno assomiglia a chiunque altro, per scacciare l’ossessione più insopportabile di questi anni Ottanta: essere perdenti, non riscuotere il successo sociale, cadere nel cono d’ombra del banale quotidiano». Così, nel disperato narcisismo di una generazione orfana di valori, l’esteriorità diventa l’obiettivo assoluto tra palestre, diete, chirurgia e trattamenti estetici e l’uniformarsi alla bellezza stereotipata lo scudo protettivo, uno status symbol consumistico ed effimero.Come l’abbigliamento, anche la musica è scatenata, carica di spensieratezza e voglia di divertirsi.. I ritmi sono orecchiabili, i giovani vogliono divertirsi. E ballare. Così, giocando sul ritmo sempre elevato, ce n’è per tutti. Cosa resterà degli Anni 80 se lo chiese Raf nel 1989. Alla fine del racconto di quegli anni scrosciano applausi.

Cambio di scena e siamo arrivati agli anni '90 che sul palco sono rappresentati da una splendida coreografia sulla musica di The rhythm of the night, canzone pubblicata nel 1993 dal gruppo musicale italiano Corona. Gli eventi di questi anni sono ripercorsi dalle voci degli alunni che suonano alle nostre orecchie come un monito. Riguardano la Guerra del golfo, la riunificazione della Germania, la nascita dell'Unione europea, l'attentato a Falcone e Borsellino e l'elezione di Nelson Mandela a presidente in Sudafrica. Ricordate il diario nel quale raccogliere i nostri pensieri più intimi? Carta e penna, ormai appartengono a un altro tempo e la privacy a un’altra concezione della vita. Quel diario lo potevano leggere, ufficialmente, solo i migliori amici; adesso, invece, le proprie opinioni sono urlate al mondo intero. La versione moderna del diario si chiama blog: un sito internet cui affidare, appunto, le nostre considerazioni, i pensieri e, soprattutto, giudizi affinché chiunque ne possa venire a conoscenza. Il fenomeno inizia negli Stati Uniti: il 18 luglio 1997. L’11 dicembre 1997 a Kyoto, in Giappone, oltre 180 Paesi riuniti firmano il famoso Protocollo, trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale. Via libera al look trasandato – jeans sdruciti, T-shirt con le scritte, maglione deformato – e alle spettinature alla Kurt Cobain. In ambito femminile gli abiti smanicati vivono un momento di gloria e i pantaloni dai cavalli altissimi sono portati con la maglietta infilata dentro. Molto in voga sono le fantasie a scacchi, a stelle e a righe, declinati in ogni colore e dimensione e i cappelli la fanno da padroni. Ai piedi, le sneaker tipo All Star sono il must. Per quanto riguarda i più giovani, gli anni Novanta non sono tanto distanti da oggi. Nel settembre 1998, a Menlo Park, Larry Page e Sergej Brin, fondano la Google Inc. E, diciamola tutta, a noi fanno un gran regalo, perché è proprio grazie a questo intuitivo sistema che la ricerca di notizie e informazioni in rete è un gioco da ragazzi.
In poco più di un'ora lo spettacolo si conclude e la platea si libera in un lungo applauso pieno di gioia e orgoglio.
Una piccola riflessione dei docenti:Un'autentica passione per qualsiasi cosa, anche non artistica, riesce a far scaturire lati impensabili e geniali da ognuno di noi: la passione dei ragazzi per la musica, la loro voglia di suonare insieme, di creare insieme ha dato vita a questo magnifico spettacolo. La passione è il motore che fa funzionare qualsiasi cosa, che riesce a sviluppare anche il più modesto talento naturale e che risulta sempre possedere un potere benefico sulla crescita intellettuale di tutti noi. Far nascere nelle nuove generazioni la passione per la musica e per il fare musica insieme è lo scopo di queste attività didattiche. Attraverso tali lezioni si intende trasmettere agli studenti che uno sguardo retrospettivo è sempre funzionale a comprendere il presente, la nostra epoca e tutte quelle espressioni artistiche che segnano il contemporaneo.


      


Categoria: Scuola Secondaria I gradoData di pubblicazione: 31/05/2019
Sottocategoria: Attivitą e laboratori a.s. 2018/2019Data ultima modifica: 01/06/2019 09:43:37
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